Indicazioni utili

Ecologia

Quando ci guardiamo intorno, scopriamo che la nostra città non ha grandi spazi dove poter vivere a contatto con la natura, ma ci accorgiamo che, spessissimo, la nostra civilizzazione fa sì che la natura venga messa da parte o addirittura “neutralizzata”. Questi dati potranno servire per farsi un’idea del perché occorre cambiare. Sono soltanto degli esempi, ma fanno rapidamente capire che non c’è tempo da perdere:

  • si calcola che ogni giorno, in Italia, si buttino via 10.000.000 di pannolini usati;

  • per produrre una tonnellata di alluminio si consumano dalle 4 alle 6 tonnellate di petrolio, ma in Italia si buttano via ogni anno 1,5 miliardi di lattine di alluminio (buttare una lattina significa sprecare lo stesso volume della lattina in benzina);

  • un tedesco produce in un anno 400 tonnellate di rifiuti domestici contro le 120 della media dei paesi in via di sviluppo.

Gli appunti che seguono vogliono aiutare tutti a prendere coscienza di certi problemi per poi, se si vuole, provare a cambiare il nostro stile di vita per migliorare l’ambiente che circonda noi e che circonderà le generazioni future.

Rifiuti

Uno dei problemi dei nostri tempi è l’enorme produzione di rifiuti che, è sotto gli occhi di tutti, non sappiamo più dove buttare. Attualmente i rifiuti da noi prodotti finiscono per la maggior parte in discarica e in piccola parte in inceneritori o verso i centri di riciclaggio. I rifiuti industriali, quasi sempre tossici, sono destinati di solito a discariche più o meno nascoste, a seconda del grado di pericolosità del rifiuto stesso: più è pericoloso, più viene mandato lontano (qualche paese del terzo mondo oppure anche verso qualche tranquillo fondale marino dalle nostre parti).

Per diminuire tutti questi sprechi, sempre più spesso si sente ripetere la regola delle cinque “R”:

  • Ridurre, cioè ridurre i nostri consumi del superfluo: buttare meno avanzi, comprare meno vestiti per darne meno agli straccivendoli quando passano di moda, essere attenti a ciò che veramente ci è necessario; inoltre è necessario anche fare attenzione agli imballaggi dei prodotti che acquistiamo, perchè quando paghiamo alla cassa, paghiamo anche gli imballaggi che buttiamo: acquistando prodotti con imballaggi minimi o riciclabili eliminiamo già una parte del problema “smaltimento rifiuti”;

  • Recuperare con il riciclaggio, cioè rendersi conto che le materie prime di cui facciamo uso (dal gas per cucinare all’alluminio delle lattine) non sono infiniti, e che tantissime delle materie prime che gettiamo via oggi devono essere recuperate per evitare l’esaurimento delle risorse;

  • Recuperare con il riutilizzo, cioè smettere di utilizzare prodotti usa e getta per puntare su materiali o prodotti con contenitori riutilizzabili (per es.: i vuoti a rendere); inoltre non cedere alla tentazione di gettare oggetti ancora utilizzabili solo perchè fuori moda o non più all’avanguardia;

  • Riparare, cioè cercare di prolungare la vita degli oggetti che ci circondano evitando di gettarli, anche se effettivamente oggi vengono studiati per essere sostituiti da prodotti nuovi invece che tentare di ripararli;

  • Rispettare, cioè prendere coscienza che dietro ad ogni prodotto ci sono una o più persone che l’hanno costruito, coltivato o trasformato, a volte anche in condizioni di lavoro molto vicine alla schiavitù.

Come si può fare a rendere meno “vile” la spazzatura, trasformandola in materia prima? A Firenze esistono queste possibilità di riciclaggio:

  • Carta: la carta viene recuperata porta a porta settimanalmente dove avviene la pulizia stradale notturna, nei cassonetti bianchi (dove presenti) e in cassonetti speciali per la carta (principalmente presso scuole, consigli di quartiere o, all’Isolotto, anche alla biblioteca di viale dei pini);

  • Vetro e lattine: possono essere inseriti entrambi nelle campane che si vedono lungo le strade (le lattine possono essere di allumino oppure di acciaio: quelle per bibite, tonno, pelati, olio per friggere, eccetera), facendo attenzione che non devono esservi inserite lattine di vernici, diluenti, olio per motori, eccetera;

  • Pile: possono essere consegnati in piccoli contenitori che sono presenti in negozi di elettrodomestici, giocattoli, supermercati, eccetera. E’ presente anche presso la biblioteca di viale dei pini;

  • Medicinali: possono essere consegnati presso farmacie, ambulatori, ecc.;

  • Rifiuti ingombranti: vecchi mobili, elettrodomestici e altro vengono prelevati a domicilio gratutitamente da Fiorentinambiente telefonando al numero 733.91;

  • Plastica, legno, tessili: devono essere inseriti insieme alla carta, dove presenti, nei cassonetti bianchi della raccolta multimateriale: questi materiali verrano poi trasformati in un combustibile che servirà a produrre energia elettrica;

  • Prodotti tossici o infiammabili: (hanno contenitori con una etichetta che ha indicato una lettera “T” e/o “F”: per esempio le bottigliette di acetone per le unghie oppure quelle con il correttore liquido bianco) devono essere consegnati a Fiorentinambiente in viale Corsica (tel. 733.92.06) oppure in Lungarno Ferrucci (tel. 733.92.04);

  • Barattoli di vernice, diluenti, ecc.: vale quanto detto al punto precedente.

Acqua

Nel rapporto sullo sviluppo del mondo 1992, la Banca Mondiale indica che l’accesso all’acqua potabile e ad un equipaggiamento igienico adeguato, permetterebbe di evitare annualmente 2 milioni di decessi dovuti alla dissenteria di bambini e neonati.

La quantità di acqua che consumiamo è enorme, ed è sempre più difficile e costoso cercarla e potabilizzarla. Inoltre, siamo talmente abituati a girare il rubinetto e a trovare immediatamente il getto fresco che non pensiamo a non sprecarla, anzi siamo convinti che questa resti comunque una risorsa gratuita ed inesauribile: per esempio, un rubinetto che perde una goccia al secondo in un anno disperde 5000 litri di acqua potabile. Pensiamo, quando apriamo il rubinetto, che più di un miliardo di persone non ha acqua potabile. Si può dire che per questa preziosa fonte di vita, in futuro potranno scatenarsi anche delle guerre, specialmente nei paesi dove questo bene scarseggia. E da noi? Noi continuiamo ad avere nelle nostre case solo acqua potabile: nell’acquaio, ai lavandini, alla doccia, allo sciacquone: si vede bene che l’acqua potabile non è necessaria dappertutto: è stato calcolato che lo sciacquone consuma circa 29.000 litri l’anno per persona di acqua!

Che tipo di misure si possono prendere per cercare di risparmiare acqua? E’ chiaro che su un problema del genere molti interventi è possibile farli soltanto durante la costruzione o ristrutturazione della propria casa, ma qualcosina si può fare comunque:

la cosa più semplice: chiudere bene i rubinetti, magari anche mentre ci laviamo i denti o ci radiamo (si risparmiano 2500 litri all’anno per persona);

utilizzare dei “frangigetto” da applicare ai rubinetti: introducono aria nel getto dell’acqua, se ne consuma meno e costano anche poco;

ridurre gli scarichi dello sciacquone: se non si può sostituirlo con un tipo con lo scarico variabile, si possono applicare sul vecchio sciacquone a cassetta dei pesini da che fanno scaricare in due volte l’acqua, riuscendo così a “calibrare” il flusso necessario; si può anche eventualmente introdurre una bottiglia piena d’acqua nella cassetta dello sciacquone in modo da farlo riempire e svuotare con minor quntità d’acqua;

annaffiare i vasi con l’acqua di pulizia delle verdure;

prevedere due circuiti separati per l’acqua e magari una cisterna per l’acqua piovana.

Questi sono soltanto alcuni consigli, a ciascuno poi il compito di interessarsi a scoprire e studiare nuove soluzioni.

Su questo argomento vorremmo puntualizzare che oltre a evitare gli sprechi dell’acqua, è necessario contribuire anche a non sporcarla o inquinarla. Quindi attenzione ai detersivi: al tipo che usiamo (controlliamo sempre se è senza fosfati e la biodegradabilità) e alla quantità: conviene metterne sempre un po’ meno delle dosi consigliate; inoltre è bene anche controllare la durezza dell’acqua (più è “dura”, più occorre aumentare la quantità di detersivo).

Consumi elettrici

Tra le varie cose di cui oggi non si può fare assolutamente a meno c’è senz’altro l’energia elettrica. La sua produzione, se si eccettuano le poche centrali idroelettriche e qualche centrale sperimentale solare o eolica, viene effettuata principalmente con combustibili fossili (carbone, petrolio, gas) e, per fortuna solo all’estero e in misura sempre minore, con centrali nucleari. Si hanno quindi delle emissioni di sostanze varie che vanno a miscelarsi con l’aria inquinata che già respiriamo nelle nostre città. Occorre quindi puntare molto verso un risparmio energetico oppure, detto meglio, ad un consumo intelligente. Vediamo come.

L’illuminazione riveste un ruolo molto importante: infatti il tipo di lampada utilizzato cambia anche il consumo, e a volte anche di molto. Abbiamo grosso modo tre famiglie di lampade: ad incandescenza, alogene e fluorescenti. Le prime sono le comuni lampadine che hanno il vantaggio di costare poco ma lo svantaggio di avere una scarsa efficienza e una scarsa durata; le seconde sono della stessa “famiglia” di quelle ad incandescenza, ma a differenza delle prime hanno, a parità di potenza, una resa luminosa maggiore; le terze sono i vecchi “neon” e circoline affiancate oggi dalle fluorescenti compatte ad alta efficienza. Quest’ultime hanno un costo molto più elevato rispetto alle prime, ma a loro favore c’è una durata che è 5-8 volte superiore e una maggiore luminosità con una minore potenza. Un esempio? Consideriamo che per avere la stessa quantità di luce occorre, per esempio, o una lampada ad incandescenza da 100W oppure una fluorescente da 20W: si vede immediatamente che, a parità di ore di funzionamento, la fluorescente consuma un quinto dell’altra. C’è da dire comunque che le lampade fluorescenti non sono convenienti da usare dove il periodo di accensione è breve (in bagno o in un ripostiglio per esempio). E’ stato calcolato che se in Italia ogni famiglia sostituisse due lampadine ad indandescenza con due fluorescenti si risparmierebbero 3 miliardi di kWh. Ecco qualche altro consiglio:

  • non tenere accese lampade inutilmente;

  • tenere pulite lampade e diffusori;

  • usare lampadari con poche lampade: una lampada da 100W fa la stessa luce di sei da 25W, ma consuma i due terzi;

  • evitare, se possibile, lampadari a luce riflessa sul soffitto o sulle pareti;

  • imbiancare le pareti con colori chiari (il soffitto bianco).

Gli elettrodomestici sono stati il “termometro” dello sviluppo economico dei vari paesi: il possesso di frigo, lavatrice, radio, televisore e così via sono passati da status-symbol negli anni ‘50 a “collaboratori domestici” nei nostri giorni, con sempre nuovi aggiornamenti e sviluppi tecnologici, più o meno utili. Come per l’illuminazione, anche queste apparecchiature consumano elettricità, e l’uso attento di esse permette di risparmiare soldi sulla bolletta ed energia, risparmiando anche gli scarichi delle centrali e il loro combustibile. Vediamo qualche piccolo accorgimento:

Frigorifero:

conviene scegliere apparecchi ad una sola porta, quelli a due (tipo “americano”) fanno molta figura, ma consumano molto di più; se ci occorre un modello che sia anche congelatore, è preferibile scegliere un modello che abbia lo spegnimento di frigo e congelatore separati, in modo da poter spengere il primo lasciando acceso il secondo (per es. quando si fa lo sbrinamento e quando si va in vacanza); nella scelta di un nuovo frigo occorre anche tenere presente la quantità di persone in famiglia e anche un modello che non usi al suo interno prodotti contenenti CFC, cioè quei gas che danneggiano l’ozono. Occorre non regolare la temperatura al massimo (meglio tra minimo e medio), posizionare (se possibile) il frigo lontano da sorgenti di calore e sbrinarlo ogni tanto. Altri piccoli accorgimenti riguardano l’uso quotidiano: non aprire spesso la porta e troppo a lungo, fare raffreddare le pietanze cotte prima di metterle in frigo e, quando si usano i surgelati, farli scongelare in frigo: ci mettono di più, ma permettono al frigo di sfruttare la temperatura che dissipano.

Forno

Qui il risparmio è più difficile. Si può però scegliere un modello a gas invece che elettrico. Anche il forno a microonde consuma poca energia (però ne occorre moltissima per la sua fabbricazione), ma il suo sistema di funzionamento non permette cotture uguali al forno tradizionale elettrico o a gas ed inoltre sulla sua sicurezza non ci sono pareri concordi. Gli unici consigli che si possono dare sono di aprire il meno possibile lo sportello del forno, preriscaldarlo solo quando necessario e magari spengerlo un po’ prima della fine della cottura, sfruttando il caldo che ha prodotto.

Lavatrice

La scelta di questo elettrodomestico consente dei buoni risparmi di energia, acqua e detersivo (e quindi di scarichi inquinanti): sono preferibili quindi i nuovi modelli con lavaggio a pioggia o simili e, se si ha lo scaldabagno a gas o solare, con ingresso separato per acqua calda e acqua fredda, mantre sono da evitare le lavatrici che hanno anche la funzione di asciugabiancheria: consumano moltissimo! Accorgimenti per un buon utilizzo: lavare i capi quando sino effettivamente sporchi; preferire i programmi a bassa-media temperatura (40-60 °C); usare la lavatrice a pieno carico (il mezzo carico, una funzione molto utilizzata negli ultimi anni, non riduce i consumi della metà!), cercare di evitare i lavaggi nelle ore di punta: rendendo omogenea la richiesta di energia, si evita la costruzione di nuove centrali.

Lavastoviglie

Come per la lavatrice, la parte più grande del consumo riguarda il riscaldamento dell’acqua, quindi sono da preferire modelli che hanno la possibilità di escludere l’asciugatura e, soprattutto, che hanno l’ingresso di acqua calda e fredda separati (se si ha l’acqua scaldata da scaldabagno a gas o solare). Accorgimenti: usarla solo quando necessario e magari usando cicli economici; usarla sempre a pieno carico (piena o vuota il consumo è lo stesso) e magari fuori dalle ore di punta (9-12, 16-19).

Scaldabagno

L’acqua calda è una di quelle comodità di cui oggi difficilmente si può fare a meno. La scelta dell’apparecchiatura che la produca è molto importante ed è vincolata dal tipo di abitazione che si possiede. Ci sono varie soluzioni: il classico scaldabagno elettrico che costa poco nell’acquisto, installazione e manutenzione, ma ha un elevato consumo di energia; lo scaldabagno a gas (esiste il tipo istantaneo che produce l’acqua calda quando serve e quello ad accumulo che, come quello elettrico, mantiene alla temperatura voluta l’acqua contenuta nel suo serbatoio: si capisce subito che il secondo tipo consuma molto di più) ha un buon prezzo d’acquisto, una relativa semplicità di installazione, un basso costo di manutenzione e un moderato consumo di energia; quello solare che costa molto all’acquisto e all’installazione ma che ha un consumo nullo o comunque bassissimo e un costo di manutenzione accettabile; quello a pompa di calore ha un costo leggermente inferiore a quello solare e una installazione, manutenzione e consumo paragonabile a quello a gas. Si può quindi anche usare la caldaia del riscaldamento centralizzato oppure, se possibile, anche la caldaia del termosingolo (occorre quindi scegliere allora una caldaia che preveda anche la produzione di acqua calda). E’ comunque cnsigliabile l’installazione di un sistema che non sia elettrico.

Automobile

Per qualcuno è uno status symbol, oggetto di desiderio e venerazione, per altri una fabbrichetta di puzzi e veleni, per qualche altro solo un mezzo di trasporto. Quello che è certo è che non è un oggetto che possa lasciare il mondo intorno a noi senza danni. I danni ambientali causati dalle auto sono moltissimi, e i bollettini degli inquinanti che leggiamo tutti i giorni sul giornale sono lì a confermarlo: ossidi di azoto, di carbonio, ozono e poi perdite di olio, vapori di benzene, polveri… che fare? usiamola meglio, usiamola meno!

Usiamola meglio

Per ridurre i consumi occorre avere alcune accortezze, per esempio:

  • avere uno stile di guida tranquillo: consumo, emissioni e rumorosità aumentano più che proporzionalmente rispetto alla velocità;

  • mantenere la velocità bassa (andare a 125 kmh invece che a 110 kmh comporta un aumento di consumo del 20%; il rumore a 125 kmh è doppio rispetto a quello a 100 kmh);

  • viaggiare con i finestrini aperti e con portapacchi inutili comportano aumenti di consumo del 2% in città e fino al 20% su per corsi extraurbani;

  • cercare di usare marce “alte” e di avere sempre i pneumatici alla giusta pressione permette notevoli risparmi di carburante;

  • installare un impinato a GPL o metano renderebbe minori le emissioni nocive.

  • Usiamola meno

Questa parte è forse la più complicata da sviluppare, anche perchè, in un paese come il nostro, dove il trasporto è sempre più sulla gomma e privato, tutto “congiura” contro chi non è automunito. In effetti è difficile buttarsi nell’uso dei mezzi pubblici, siano autobus o treni, anche perchè davvero non è chiaro come far coincidere il proprio viaggio con le mille linee e autolinee. Però un po’ di impegno ci vorrebbe… da parte nostra e da parte degli amministratori. Occorre mollare un po’ di più l’auto (quando dobbiamo uscire, ci serve davvero?) e usare le gambe (perchè no?), bici, motorino o autobus. Se si pensa che la bici è il mezzo meno inquinante inventato dall’uomo, si capisce che occorre spostarci in quella direzione. In Olanda ci sono 12.000 km di piste ciclabili, mentre nella sola Berlino sono 700 km. A Firenze si può (e si deve) fare ancora molto, per cui un movimento ampio di cittadini che utilizza la bicicletta può davvero essere propositivo su questo argomento. Occorre ripensare alla bici come un mezzo di trasporto a tutti gli effetti e non ad un giocattolo o ad un attrezzo sportivo. Se avete visto, sono sempre più i treni che consentono il trasporto di biciclette al seguito del viaggiatore. E allora, proviamo!

Finanza etica: Banca Etica e MAG

E’ ormai risaputo che le banche investono parte dei nostri risparmi in ambiti non certo eticamente corretti (armi, droga, riciclaggio di denaro sporco, industrie inquinanti) ma laddove prevedono un maggior profitto.

Anche i cosiddetti “conti etici” non finanziano affatto attività pulite ma semplicemente devolvono parte degli interessi maturati dal risparmiatore ad associazioni o fondazioni che sono impegnate nel sociale.

Per promuovere lo sviluppo economico di tutte quelle esperienze imprenditoriali che con il proprio lavoro accrescono il benessere sociale, culturale e economico di tutta la collettività, occorre incentivare il fenomeno della “finanza etica”.

Si permette così l’accesso al credito da parte di imprese titolari di progetti ecologici, di solidarietà e di volontariato sociale che trovano enormi difficoltà nel reperire fonti di finanziamento.

I principali strumenti della finanza etica sono le MAG (Mutue Auto Gestite) e la Banca Etica.

Le MAG sono cooperative che gestiscono i capitali investiti dai soci per finalità condivise da tutti i soci, con criteri di finanziamento che verificano la qualità sociale dei progetti e le reali possibilità di rientro economico, assicurando anche un certo rendimento ai soci.

La più importante MAG è la CTM-MAG che si propone lo sviluppo:

  • delle Botteghe del commercio equo e solidale

  • delle cooperative del Sud del mondo

  • della CTM (come centrale del commercio equo)

  • del Centro Studi e Formazione degli operatori dell’economia solidale.

Dall’esperienza più che decennale delle MAG e promossa da 22 associazioni non-profit (Acli, Agesci, Arci, CTM, Mani tese, Emmaus, ecc,) è nata la prima Banca Etica.

La Banca Etica si differenzia dalle normali banche soprattutto in due aspetti:

  • i risparmi depositati finanziano solo iniziative di cooperazione sociale ed internazionale verificate come etiche;

  • il risparmiatore in sede di sottoscrizione della propria quota può indicare il settore a favore del quale desidera che il suo capitale venga investito, scegliendo fra i diversi settori (commercio equo, ecologia, solidarietà sociale, immigrazione, ecc.).

La Banca Etica è sottoposta al controllo degli organi istituzionalmente competenti (Banca d’Italia, Ufficio Cambi, ecc.) e quindi con tutte le garanzie del sistema bancario, assai forti almeno in caso di insolvenza. Fonti della Banca d’Italia affermano che il tasso di sofferenza delle banche italiane era alla fine del 1996 di circa l’ 11,2% contro il 2% della Grameen Bank (il primo esempio di Banca Etica, nato in Bangladesh).

La sfida non è di poco conto, toccando un settore, quello del credito, che è il settore del profitto “selvaggio”.

LA FORMAZIONE

In un mondo come il nostro, che diventa ogni giorno più complesso è sempre più importante essere formati e informati di ciò che accade. Perchè?

La nostra naturale indignazione di fronte alle ingiustizie resta una parola al vento se non si trasforma in azione concreta. E l’azione concreta non costruisce niente se chi si attiva non è adeguatamente motivato in ciò che fa: altrimenti corriamo il rischio di fare qualcosa che non è diverso da mille altre cose.

Siamo contro lo sfruttamento dei popoli del sud del mondo? Non ci va che ci sia sempre più spazzatura? La guerra ci fa paura? Quando percepiamo la necessità di un cambiamento nel mondo che ci circonda, la prima cosa da fare è capire, cercare di approfondire l’argomento che ci interroga, altrimenti, dopo una prima fase di interesse emotivo, non appena cala l’attenzione generale sul problema, la disattenzione cala anche nella nostra mente, mentre nella realtà il problema resta.

Essere motivati, e quindi formati, ci fa restare distanti dagli interessi creati ad arte, ci fa meditare in modo più approfondito sugli avvenimenti, ci fa agire in modo meno intenso ma più fedele.

Come ci si forma allora? Da dove prendere le informazioni?

Cosa fare allora? Vediamo qualche piccolo consiglio su come muoversi nel mondo dell’informazione.

Si può certamente dire che nessun giornale è neutrale e, di fronte a ciò, sembrerebbe inutile impegnarsi a leggerli. Invece si possono cercare le notizie fra le righe, consci di questa “non neutralità” e del fatto che quelli pubblicati sono una minima parte dei fatti effettivamente accaduti nel mondo. Sarà perciò necessario ampliare l’attenzione verso un numero maggiore di giornali. Può succedere che qualche testata non pubblichi notizie che riguardano comportamenti poco chiari da parte di una azienda che è anche inserzionista del giornale stesso. Occorre quindi integrare le proprie letture quotidiane con altre fonti più “indipendenti” (almeno per qualche aspetto). Per avere più informazioni su ambiente, pace, diritti umani, consumo critico, occorre cercare anche pubblicazioni di qualche associazione o in qualche rivista missionaria. E’ un lavoro faticoso, ma dà molta soddisfazione.

Per quanto riguarda i telegiornali invece, lo spazio che i temi sopracitati occupano è minimo, a meno che non ci sia un’ emergenza in atto. Inoltre, nella maggior parte dei casi le informazioni vengono date in modo parziale e superficiale.

I libri “a tema” hanno l’indiscutibile vantaggio di condensare e approfondire gli argomenti. Probabilmente, ora come ora, sono gli strumenti migliori che ci sono per saperne di più. Chiaramente devono essere scritti da persone competenti e che sappiano spiegare in modo semplice i temi.

A parte la carta stampata, diventa coinvolgente e interessante partecipare ad incontri dove siano presenti degli esperti o testimoni. Questo fa sì che chi ascolta si senta parte attiva del problema, avendo anche la possibilità di esprimere direttamente all’”esperto” i dubbi e le domande che ha.

Il problema è che spesso gli incontri con queste persone, organizzati da gruppi o associazioni di volontari, vengono pubblicizzati all’ultimo momento.

Per finire, stanno emergendo le reti telematiche, come Lilliput, Peacelink, Unimondo. Su Internet è possibile trovare tutto e il contrario di tutto: è come una gigantesca edicola mondiale dove possiamo trovare le informazioni di gruppi di volontariato (Greenpeace, Agesci, Mani Tese, etc.) così come materiale pornografico, cataloghi di vendite per corrispondenza, pubblicità di grandi aziende e così via. Un enorme mescolone che, se non sappiamo come gestire, ci lascia senza nulla in mano. Altro piccolo problema è che la maggior parte delle informazioni provengono dagli Stati Uniti e quindi sono in inglese.

Il limite più grande di queste reti è che occorre avere un computer e, soprattutto, saperlo usare.

Le informazioni non mancano, quindi. Occorre solo un po’ più di attenzione e sensibilità verso “quello che gli altri non dicono”.

Operazione ” BILANCI DI GIUSTIZIA”

La campagna “BILANCI DI GIUSTIZIA”, lungi dall’essere un movimento fine a se stesso, è un valido strumento che tutti potrebbero usare, indipendentemente dall’estrazione sociale, dalla formazione ricevuta e, perché no, dall’ideologia politica, per iniziare il cammino non facile, verso un miglioramento della qualità della nostra vita.

Si tratta di appropriarsi, attraverso piccoli accorgimenti, di un nuovo modo di condurre le nostre azioni quotidiane, di un nuovo modo di gestire i nostri acquisti, un nuovo modo di spendere i nostri soldi. E’ di fondamentale importanza diventare consumatori critici nel senso più ampio del termine; consumatori critici di oggetti, di cibi, di combustibili e di tempo. Possiamo esserlo quando facciamo compere chiedendoci se quello che stiamo per acquistare ci serve veramente, oppure se ci chiediamo com’è stato prodotto, da chi e come è arrivato fino a noi l’oggetto in questione. Non si tratta di rinunciare al mondo intero, non è con la fuga che si risolvono i problemi; in fondo il nostro mondo non è proprio tutto da buttare. Non ci viene chiesta la collaborazione all’annientamento del sistema economico attuale, oltre che utopico, non sarebbe obiettivo: in fondo, nel dopoguerra, in alcuni paesi dal destino segnato, ha portato un benessere diffuso che altrimenti sarebbe rimasto, anche lì, a beneficio di pochi.

Questa campagna non deve essere uno strumento d’élite, ma un mezzo per tutte le famiglie che vivono in questo mondo con le caratteristiche che esso ha, compatibilmente ai ritmi e alle leggi che questo ci impone. Ogni famiglia, conscia dei propri limiti, che non dovrà sbandierare come giustificazione di ciò che non riesce o non vuole fare, si porrà gradualmente obiettivi sempre più ambiziosi, per acquisire pian piano quei piccoli accorgimenti che tanto potrebbero influire sul futuro delle nostre vite. Per questo l’adesione alla campagna non è, e non deve essere, una fuga, ma soltanto l’espressione di una volontà ferma a cambiare questo sistema economico; cosicché chi pubblicizza, produce e vende non metta avanti a tutto, anche ai diritti dell’uomo, il suo profitto. Vogliamo che il primo pensiero di chi ci governa non sia solo quello di rimanere seduto su quella poltrona che purtroppo garantisce ancora oggi “sponsorizzazioni” varie, ma quello di fare il bene dei propri cittadini, di tutti gli uomini e di questa terra. Così nel quotidiano possiamo fare proprie piccole azioni o gesti, che se patrimonio di tutti o di gran parte degli uomini, possono indurre i produttori, i venditori ed i politici a fare scelte diverse, più rispettose dell’uomo e dell’ambiente. Possiamo, per esempio, scegliere di andare a lavorare in autobus o in bici, invece che in macchina, sapendo che questa nostra rinuncia ad una piccola e “presunta” comodità, è un passo importante per la riduzione del tasso di CO2 , Ozono e NOx nell’aria e un esempio per chi, non avendo ancora capito che se non riduciamo le emissioni inquinanti moriremo soffocati, non l’ha ancora fatta propria. Oppure possiamo scegliere di acquistare caffè, tè, cacao e altri prodotti presso le botteghe del commercio equo e solidale invece che attraverso i circuiti della grande distribuzione. Favoriremo così l’evoluzione di un canale di commercio alternativo il cui interesse primario è quello di restituire dignità e rispetto dei diritti a quegli uomini che, lavorando inseriti nel tradizionale meccanismo di produzione fatto di grossi interessi e di leggi dettate dal denaro, sono stati derubati di tutto questo. Possiamo ancora scegliere di non comprare un oggetto, perché non indispensabile e decidere di investire quanto deriva dal nostro “non-acquisto” in progetti di valore etico-morale e sociale. Tutti questi consumi o scelte “critiche”, cioé spese sostenute non in quanto indotte, si chiameranno in gergo “spostamenti”, perché consumi sposati da un modo di spendere abitudinario e non cosciente ad un modo di consumare critico, frutto di ragionamento e di scelte dettate dal desiderio di conoscere ciò che sta dietro alle cose che ci vengono offerte nei negozi e che non vediamo, perché ben mascherato, al momento dell’offerta. Così tenendo quotidianamente il conto delle spese che facciamo e avendo cura di suddividerle in spese spostate e non, che in gergo tecnico diremo “usuali”, possiamo a fine mese redigere il nostro piccolo bilancio familiare da inviare ai coordinatori della campagna. Questo servirà, in primis, a noi per renderci conto di quanto il nostro consumo sia critico e ragionato. Infatti, guardando i vari totali del bilancio, vedi modello allegato, possiamo renderci conto immediatamente dell’importo usuale delle nostre spese e di quello che invece abbiamo spostato. Inoltre, il nostro bilancio serve per la buona riuscita della campagna; infatti l’idea è quella di avere nei rapporti di fine anno, sotto la voce “consumi spostati”, una cifra importante da proporre all’opinione pubblica e far sentire così il peso di consumatori critici non in balia dei venti politici ed economici, o di pubblicitari geniali, molto persuasivi. Alla base della campagna, al di là della buona riuscita dei numeri, c’è la volontà di creare un sottofondo “mentale” nuovo, spogliato dalle cattive abitudini acquisite in tanti anni di pressanti propagande all’insegna del progresso, del consumismo, e dell’individualismo, e la volontà di creare un movimento d’opinione che, davanti a tutto, anche al progresso e all’evoluzione scientifica, metta i diritti dell’uomo e del pianeta.

Non dobbiamo a questo punto dimenticare una totale riacquisizione dell’idea di tempo. Non possiamo più assoggettare questo concetto al nostro unico fine consumistico, o risolverlo stupidamente in un’unica parola: produzione. Il tempo, il nostro tempo, deve acquisire un valore nuovo, un valore diverso da quello che gli abbiamo attribuito in tutti questi anni dedicati ad un inutile quanto ingiusto accumulo di beni materiali e oggetti, i quali assorbono buona parte della nostra giornata: hanno bisogno di essere scelti prima, sistemati e curati poi. Perché nella tenda di una famiglia di Navajos si trovano circa 200 oggetti e nella casa di una famiglia europea circa 10.000? In poche parole il tempo non è denaro; il tempo è il regolatore più perfetto del nostro mondo e delle nostre vite, è quell’armonia deliziosa di cui goderebbe la nostra terra se gli uomini non si adoperassero per distruggerla. Se il tempo si fermasse niente avrebbe più ragione di esistere. Perché allora non riappropriarsene? Perché lasciarlo fuggire via rincorrendo solo cose vane ed inutili delle quali poi non possiamo godere per “mancanza di tempo”?…Quindi, accanto alla presa di coscienza relativa ai consumi, ci sembra fondamentale cominciare a rivedere la nostra relazione col tempo, riacquistandone il valore e la qualità nel rapporto. Un nuovo stile di vita dovrebbe essere caratterizzato da un nuovo uso di questo: valori come relazioni umane, rispetto della dignità e dei diritti dell’uomo, lealtà verso gli altri, rispetto della natura e delle proprie aspirazioni personali richiedono la giusta priorità.

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